L'interno
L’interno della pieve di Palazzo Pignano, con la sua armonia e la sua solennità suscita nell’animo del visitatore una profonda emozione.
Il pavimento è a un livello più basso del piano esterno e per entrare si scende di qualche gradino, oltre un portone in legno e una bussola a vetri (voluta dalla Sovrintendenza per non creare disturbo).
L’impianto è quello tardo basilicale con lo spazio diviso in tre navate da due file di sette pilastri con otto archi a tutto sesto (un ottavo pilastro e il relativo nono arco sono stati inglobati nelle murature delle due sacrestie) reggenti le due pareti che s’innalzano, a fasce di ciottoli alternate al cotto (minacciando il crollo, sono state rifatte nel secolo XV utilizzando il materiale di ricupero della muratura precedente), sopra gli spioventi delle navate laterali e si aprono in alto con due serie di sette monofore arcuate che danno luce all’interno (solo quattro sono originarie, le altre sono state aperte dal Gussalli del 1909-13; quella sopra l’organo è cieca). Il soffitto è a capriate nelle tre navate.
La serie di pilastri a destra, a base quadrata con angoli smussati, non è originaria: hanno sostituito nel citato rifacimento del XV secolo quelli cilindrici dell’XI. I bellissimi capitelli sono invece originari e lo dimostra la loro base circolare che mal s’adatta al pilastro. Sono scolpiti a motivi simbolici di uno stile legato ancora al gusto altomedievale. Sulle facciate interne dei primi due pilastri sono venuti alla luce affreschi votivi del XV secolo (un Santo con la spada e una Madonna con Bambino), alcune tracce sono rinvenibili anche sugli altri; sulla faccia meridionale del settimo s’intravede un’altra immagine votiva della Madonna ancora coperta dall’imposta dell’arco settecentesco della cappella attigua. Dell’ottavo pilastro – come s’è detto – è stato portato alla luce il basamento con un breve tratto del fusto che si presenta circolare e che quindi potrebbe essere ancora quello originario.
La fila di pilastri a sinistra è visibilmente opera di rifacimento recente. Avvenne nel 1927 per riparare quelli precedenti assai rovinati nonostante il restauro del Gussalli. Asportati gli antichi capitelli. Nulla è venuto alla luce dell’ottavo pilastro, resta comunque ben visibile l’arco in cotto dell’antica ultima (nona) campata.
PRESBITERIO ED ABSIDE
Il presbiterio è posto all’altezza proprio di quest’ultima e l’altare (un blocco di botticino bocciardato con mensa in botticino levigato, posati su un lastrone di pietra) viene a posizionarsi prima dell’arco trionfale. Nel tratto di presbiterio retrostante s’affacciano le porte delle due sacrestie, una a nord e una a sud. Sopra quella sud troviamo il bell’organo settecentesco costruito dalla ditta Serassi e restaurato nel 1988: pezzo veramente pregevole d’arte organaria (modesta è invece la facciata e la cantoria in legno). La porticina della sacrestia nord è all’interno di una scenografia ad affresco, raffigurante un drappeggio di broccato a baldacchino appeso ad una cupoletta a forma di corona e tenuto aperto da due angeli. Avrebbe dovuto contenere un trono sul quale sedeva o il Cristo o – più probabilmente – la Madonna.
Dietro il presbiterio parte l’imposta dell’arco trionfale che delimita l’abside semicircolare con catino a cinque vele e lunettoni cuspidati: le cordonature sono affrescate a motivi geometrici quattrocenteschi. Nella parete dell’emiciclo si aprono due finestre laterali ovviamente non originarie e parte di una monofora strombata originaria. Al centro dell’abside si trova la cattedra in legno del celebrante, affiancata da altri due sedili con schienali.
È questa una zona della pieve in cui sono stati rinvenuti numerosi episodi ad affresco, segnati dalle becchettature inflitte per reintonacare le pareti dopo le pestilenze che infestavano il mondo antico.
Sull’archivolto sono venuti alla luce lacerti di affresco ormai illeggibili: probabilmente vi era raffigurata un’Annunciazione parte della quale (il mezzo busto della Madonna) è stata strappata ed è ora conservata in casa parrocchiale. Nell'intradosso dell’arco, decorazioni coeve.
Sull’imposta sinistra troviamo alcuni affreschi votivi: una Madonna della rosa, un anonimo Santo con serpente(6) e – sotto – un altro Santo ignoto: sono degli ultimi decenni del sec. XV; nell’imbotte di sinistra una Madonna del latte e in quella di destra un’altra Madonna della rosa con Bambino Gesù’ della prima metà del sec. XV.
L’abside è decorata da affreschi del XVI secolo, di gusto popolare della scuola di Aurelio Busso (vissuto nella prima metà del Cinquecento), disposti su tre piani sovrapposti. Nel primo i santi testimoni della fede: Fermo con la spada, Martino che offre metà del suo mantello a un povero (è il patrono di Palazzo) e Giorgio che uccide il drago: rappresentano la Chiesa militante. Al centro si trovava una Crocifissione della prima metà del sec. XV di cui oggi restano abbondanti lacerti: faceva parte di un precedente complesso iconografico absidale (visibili ancora molte tracce) sostituito poi dall’attuale.
Nel secondo piano, all’interno delle lunette, i quattro più grandi dottori della Chiesa occidentale: sant’Ambrogio, san Gregorio Magno, san Gerolamo e sant’Agostino che costituiscono la Chiesa docente. Nel terzo, il Trionfo di Cristo risorto che sale al cielo, affiancato da angeli recanti i segni della passione: rappresenta la Chiesa gloriosa.
NAVATA DESTRA
La navata destra è stata liberata del pavimento per mettere in luce i resti della cappella battesimale del V secolo. Si vedono le basi di quattro dei sei pilastrini, alcuni brani dell’emiciclo e l’abside.
Sulla facciata interna, a destra dell’ingresso troviamo una tela del Battesimo di Gesù’, pala d’altare di autore ignoto del XVIII secolo. È la riproduzione fedele dell’omonima tela di Carlo Maratta (1625-1713) conservata in Santa Maria degli Angeli a Roma. La prima campata dell’abside è occupata dalle pareti portanti est e nord del campanile alleggerite da due alte aperture ad arco acuto. Sulla base di quella nord un affresco votivo quasi illeggibile di Sant’Antonio Abate con bastone e campanello (un antico graffito recita “Sancte Antoni”).
La parete sud della pieve evidenzia l’antico spinato e si apre con tre piccole monofore, due ripristinate dal Gussalli. Sul fondo si apre la cappella della Madonna del Rosario di cui è stato mantenuto l’impianto secentesco, con volta a vela popolata di angeli, composizioni floreali e festoni con titoli attribuiti alla Vergine: Mater Castissima, Stella matutina, Turris davidica, Rosa mystica, Vas spiritualis, Speculum Justitiae. La statua della Madre di Dio con Bambino è nella nicchia sopra l’altare, all’interno di un alzato barocco in stucco formato da due angeli reggenti due capitelli e un timpano semicircolare sul quale siedono altri due angioletti che affiancano la piccola tela della Madonna con Bambino che consegna il rosario a san Domenico e santa Caterina da Siena; il paliotto dell’altare è secentesco in scagliola (imitazione in gesso dell’intarsio in marmo) la cui figurina centrale è sempre la Madonna del Rosario.
Nella parete destra della cappella, dove si apre un grande lunotto, una nicchia con la statua di Santa Liberata protettrice delle partorienti. Mentre un’altra nicchia, nella parete spinata, contiene la statua di Sant’Agnese.
NAVATA SINISTRA
La navata sinistra della pieve conserva nella prima campata, protetta da una cancellata, uno splendido Compianto formato da otto statue in terracotta di Agostino de’ Fondulis, ceramista cremasco del Rinascimento.
Lungo la parete settentrionale, completamente rifatta e intonacata, troviamo una serie di tre epigrafi, poste sotto le tre finestre: la prima, con stemma di famiglia, è dedicata a un defunto rampollo dei conti Premoli che avevano possedimenti in loco. Recita: “[Comit] Vinc. Premolo quem extra urbem mors immatura rapuit [Comes] Carolus amant frater et haeres, hoc posuit monumentum. Obiit anno Dni 1677 aetatis suae xxxvi” (Il conte Carlo, fratello ed erede, con affetto pose questo monumento in onore del conte Vincenzo Premoli che un’immatura morte ha rapito fuori dalla città. Morì nell’anno del Signore 1677, all’età di 36 anni). La seconda epigrafe è la già citata che ricorda la consacrazione della chiesa ai tempi del prevosto Clavelli.
La terza è dedicata al cremasco mons. Agostino Premoli, vescovo di Concordia, deceduto nel suo palazzetto di Cascine Gandini nel 1692 e sepolto a Palazzo. È incorniciata con intarsio di marmi colorati e nella parte superiore presenta lo stemma del vescovo (inquartato con leoni rampanti). Recita: “Augustini ex co. Premolis Epi. Concordiensis, extra diaecesim morte sublati 1692 cineribus, co. Hortensia pronepos Premola Vicom. Sans. Hoc obsequii monumentum posuit 1746” (La contessa Ortensia Premoli Vimercati Sanseverino pronipote, pose questo monumento nel 1746 in ossequio alle ceneri di Agostino dei conti Premoli vescovo di Concordia, portato via dalla morte nell’anno 1692).(7)
Nella navata troviamo anche alcune tele: innanzitutto nella zona sinistra della controfacciata S. Rocco colpito dalla peste di Mauro Picenardi (1735-1809); a metà della parete nord, San Rocco tra gli appestati dello stesso; nei pressi dell’altare di San Carlo, La Morte di San Rocco di Angelo Ferrario (prima metà secolo XVII). In fondo alla navata, l’altare di San Carlo, dove si conserva l’Eucarestia, con facciata in scagliola. Nella nicchia soprastante, la statua di San Carlo affiancata da quelle di Sant’Antonio da Padova (a sinistra) e di San Rocco (a destra). Sulla parete nord della cappella (sotto un lunettone) la recente statua di San Martino, in abiti episcopali.
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