Intraprendere un itinerario artistico religioso nelle chiese della città di Crema e del Cremasco, significa percorrere la storia del Cristianesimo delle nostre terre, come si rivela attraverso gli edifici sacri che ne costituivano e ne costituiscono l’espressione e il luogo d’identificazione. È fondamentale quindi, all’inizio di questo cammino, andare alla ricerca del sito che testimonia il punto di partenza della storia cristiana del popolo cremasco. E tale luogo, rinvenuto di recente, è una vasca battesimale del V secolo che si trova a dieci chilometri circa dalla città, in località Palazzo Pignano. Una scoperta esaltante perché non è retorico dire che da quel fonte è scaturita la fede dei Cremaschi nel Signore Gesù. In periodo romano, il nostro territorio stretto tra i fiumi Adda, Serio e Oglio, caratterizzato da estese paludi (che verranno chiamate in seguito “Lago Gerundo”) e facente parte della Gallia Cisalpina, venne interessato al processo di centuriazione (la distribuzione di terre ai veterani di Roma) fin dai tempi repubblicani (primo secolo a. C.) e probabilmente anche in età augustea. Le prime zone abitate furono quelle orientali (Camisano e Vidolasco); in età imperiale troviamo insediamenti anche a occidente (Palazzo Pignano e Rovereto); la città di Crema verrà fondata solo nel Medioevo. E proprio a Palazzo è venuta alla luce nel 1963 (in parte sotto l’attuale pieve) una chiesa battesimale, simile a un martyrium (le cappelle in cui si custodivano i corpi dei martiri) a pianta centrale del V secolo, con battistero, collegato a uno straordinario complesso abitativo tardo-romano (un palatium), ubicato a oriente della stessa pieve. Si tratta di una di quelle grandi ville di cui erano proprietarie famiglie di altissimo rango e che costellavano l’impero nel IV e V secolo. La tradizione l’attribuisce alla nobile famiglia senatoria romana dei Valeri, di cui conosciamo due personaggi denominati Piniano (da loro sarebbe derivato il nome della località), il secondo dei quali sposò la cugina Melania Valeria Massima. La tesi è molto suggestiva, ma è confermata solo dal toponimo e dalla significativa coincidenza che la prima chiesa di Roma a pianta centrale, costruita nel V secolo, Santo Stefano Rotondo, si trova sul Celio dove i Valeri possedevano una grande villa. Figlia di Valerio Publicola della gens Valeria e di Ceionia Albina della gens Ceionia, quindi discendente di gloriose famiglie di Roma, Melania (di cui abbiamo la vita scritta da Geronzio nel V secolo) a 14 anni sposò appunto il cugino Piniano, anch’egli della gens Valeria, che convinse a praticare una vita penitente e casta dopo la morte dei due loro figli. Influenzata dalla propaganda monastica, la pia matrona lasciò Roma e si ritirò con tutti i servi in una villa suburbana per praticare vita ascetica, contestata dai parenti e difesa solo dall’omonima nonna paterna che, qualche decennio prima, aveva fatto la stessa scelta. Nel 406 si trasferì a Nola presso san Paolino e nel 410 passò in Africa dove conobbe sant’Agostino, stringendo con lui amicizia. Affiancata dal marito Piniano, dalla madre Albina e da un centinaio di servi che la seguivano nel suo peregrinare, formando una specie di comunità monastica, decise di recarsi a Gerusalemme. Passò prima per l’Egitto, culla del monachesimo orientale, per rendere omaggio ai monaci per i quali provava grande ammirazione. A Gerusalemme si diede a vita eremitica facendosi costruire una piccola cella sul Monte degli Ulivi. In seguito fondò un monastero femminile e, dopo qualche anno, anche uno maschile. Fu tanto caritatevole che il suo patrimonio e quello del marito Piniano, morto nel 432, venne via via esaurito a favore dei poveri; ebbe una grande fama di santità in tutto l’ambiente di Gerusalemme, dove morì nel 440. La sua commemorazione è al 31 dicembre. Come tanti altri laici di rango, Piniano e Melania (o chi per loro) furono i primi evangelizzatori delle campagne cremasche (il cristianesimo primitivo infatti si era diffuso soprattutto nelle città). “Sant’Ambrogio stesso, del resto, invitò i ricchi possidenti legati alla corte imperiale di Milano ad occuparsi della diffusione del Cristianesimo nelle campagne e in modo particolare nei grandi latifondi di loro proprietà”..(1) Viene quindi da Palazzo e, secondo la leggenda, da due santi sposi il Cristianesimo cremasco. E fu questa prima comunità credente, che faceva capo a quella chiesa battesimale palatina (cioè “di palazzo”), a costruire sul punto più elevato dell’Insula Fulcheria (l’attuale piazza Duomo di Crema) una chiesa – forse sopra un precedente tempio pagano – dedicata a Santa Maria della Mosa (termine quest’ultimo che indicava la palude circostante): sarà la futura cattedrale. La villa tardoromana di Palazzo venne abbandonata tra il V e il VI secolo. In seguito, fin dal periodo longobardo, si sviluppò un centro abitato. Dopo una presunta (e poco probabile) distruzione nel X secolo, nell’ambito della lotta contro l’eresia antropomorfita, Palazzo Pignano passò sotto la giurisdizione del vescovo di Piacenza e sopra la basilica palatina venne costruita una prima pieve (attestata in un documento dell’anno Mille). Le chiese che godevano di questo titolo avevano sotto la loro giurisdizione alcune chiesette rurali, così quella di Palazzo che, per un certo periodo, ebbe giurisdizione anche sulla “cappella” della Mosa, di Crema. In seguito, dopo un’altra più probabile distruzione avvenuta nell’ambito della guerra tra Milano e Pavia con la quale Palazzo si sarebbe schierata (1059-1061), il primo edificio sacro venne sostituito dall’attuale della fine dell’XI secolo. Nella prima metà dello stesso venne istituita, nella pieve di Palazzo, una collegiata composta da 15 benefici canonicali per il sostentamento degli altrettanti chierici del “collegio” che provvedevano al servizio liturgico, conferendogli maggiore solennità, alla stessa stregua, ma senza gli stessi poteri, dei capitoli delle cattedrali. Nel contempo la pieve manteneva la supremazia religiosa su altri 18 benefici parrocchiali del Cremasco, per complessivi 33. Ma nel 1459 il prevosto, il nobile piacentino Tommaso Pennari, cercando per sé una sede più degna (Palazzo era ridotta a un villaggio di pochi abitanti) brigò presso il papa Enea Silvio Piccolomini, perché trasferisse la collegiata nella più qualificata Crema, dichiarata da poco città (8 febbraio 1450). Pio II gli diede ascolto e, con la bolla In Eminenti del 1459, soppresse la Prepositura di Palazzo, trasformandola in arcidiaconato (verrà abolito il 3 luglio 1798) e trasferendo dodici dei quindici benefici canonicali dell’antica collegiata al duomo di Crema. D’ora in poi sarà questa la chiesa madre del territorio cremasco.


Dal Santo Sepolcro a Palazzo Pignano

Dalla basilica Romana alla basilica Cristiana